|
Festa mobile
Gente in movimento
L’arte e la
fotografia di Raffaele Battista
“Tempori
aptari decet”
(Seneca, Medea, 175)
L’arte – si sa – è un’entità dalla lettura trasversale, un lessico che prescinde dalle discipline e dal gusto personale ma che richiede maniera e sensibilità nell’individuazione del talento. L’arte – in sintesi – ha un proprio invoglio, che è correlato all’inclinazione e al senso estetico. Saperla riconoscere è un vero impegno. Specie quando essa si occulta ed è difficile ricercarne il centro di irradiazione. Spesso si sviluppa su rapporti di produzione, niente più che un sistema di segni fortunatamente solo in apparenza incomprensibili.
È quella dimensione, l’arte, dove lirismo e qualità dei comportamenti umani interagiscono tendendo all’esemplarità e al modello di riferimento, componendo finalmente la lite di primazie tra discipline, ovvero ponendo fine alle rivendicazioni tra l’una l’altra espressione, così che Pittura e Scultura – le cosiddette “belle arti”, affinatesi nel corso del medioevo e rese nobili nei pur convulsi decenni del Rinascimento – non si adontino della ribalta che viene conferita a espressioni sans blason quali la Fotografia, ad esempio, ma anche alla Decorazione, alla Grafica, al Fumetto, all’Illustrazione e alle arti figurative più in generale.
E proprio di Fotografia – della settima arte, tale viene comunemente denominata la passione per il reporting di immagini – si parla in questa assai interessante rassegna ospitata al Marte – Mediateca Arte e Eventi di Cava de’ Tirreni, dove Raffaele Battista – valente e puntutissimo osservatore – compone una raccolta di scatti evadendo dal ghetto suggestionante ed estetico dell’arte fine a se stessa, rendendoci testimoni migranti di quel soffio lirico originato dalla sua prima Minolta avuta in dono.
I lavori di Battista parlano un linguaggio artistico attuale, contemporaneo, dove la luce, l’invenzione, l’ardito effetto trembling riverberano uno stile di straordinaria comunicabilità compositiva, molto più di quanto non facciano opere figurative rispecchianti più semplicemente la realtà, la visione reale del tel quel. Ed è una poetica che rimanda all’action painting, al “fatto” colto nel momento del compiersi, dando prova – Battista – di aver bene individuato l’usta del modernismo, assimilandone i concetti che per tutto il secondo Novecento hanno caratterizzato il formarsi del complesso sistema dell’arte contemporanea.
L’arte di Battista – cronista senza errore del circostante, specie nell’individuare il favor optimi temporis, rimanda alle dissacrazioni acceleratorie del figurativismo futurista, alle progressiste ma talvolta confutabili e spesso ironiche interpretazioni dei Dada, agli enigmi compositivi di Duchamp, che per primo – nel rigore dell’osservazione scientifica – scompose i piani del costruttivismo, ponendo l’accento sull’elaborazione cromatica, che certamente in quegli anni di tavolozze di tradizione allibì il pur transigente establishment e gli estimatori delle avanguardie.
Cogliendo e selezionando scene del quotidiano in una sorta di agorà evocato, Battista precipita nei suoi scatti collettivi di astanti – gente comune, ignara ma apparentemente compiaciuta di tanto interesse da parte dell’obiettivo – in una dimensione onirica da festa mobile, assai prossima a un corteo di baccanti, tale è la gagliardia e il vigore che promanano da voci e movimenti (tanto che sembra di udirne il crepito!), così che la scena si anima, diviene narrante, epifanica di forme e volumi fino all’astrazione figurativa.
Ma l’arte di Raffaele Battista è anche ambiente e paesaggio e dai felici esiti di pregresse esposizioni pubbliche – che indubitabilmente hanno veicolato a collezionisti e appassionati di Fotografia il suo modus di “vir qui naturam amat” – egli ripropone, oggi, quel tratto distintivo e caratterizzante delle sue vedute mozzafiato, con un ciclo di scorci ravvicinati su poderi e maggesi, elaborati ora da quel singolare effetto creato ad artem attraverso il transito pigro dell’obiettivo sul campo, niente più che una stratta graduale, un espediente di straordinaria soluzione estetica che solo la sperimentazione e la conoscenza qualificata della tecnica, coniugate al prodigio dell’accorto equilibrio tra diaframma e esposimetro, riescono a sostenere. Ed è quello, proprio e solamente quello il momento giusto per la foto: l’attimo fulgido per lo scatto perfetto.
Il resto è ciò che figura nella stampa, nel riquadro di quel candido passepartout, nella conclusione intellegibile che tutti ammiriamo: è il secretum di cui Battista è custode, con quella sua perizia nel modulare la scala dei colori, nel comporre il dialogo tra immagine e tecnologia, fino a che il soggetto catturato nella reflex non perde definizione, scapitandone i contorni in un’evanescenza straniante. L’ignoto, corrusco mondo di Battista è nella segreta del mestiere.
Massimo Rossi Ruben
Il percorso fotografico di Raffaele Battista è costellato da importanti riconoscimenti, frutto di una non comune capacità di visione e di una versatile padronanza del mezzo fotografico. Egli ha sperimentato tutti i generi, prediligendo inizialmente la street photography, ove è protagonista la figura umana. In un successivo periodo, il dato figurativo è sottinteso in quei paesaggi tratti dal repertorio immaginifico della sua terra, che gli hanno conferito visibilità mediatica ed accresciuto la propria notorietà in seno alla comunità artistica. Il ciclo ora in rassegna – avviato sull’usta della sperimentazione - lo vede impegnato in un genere ove la figura umana è assente – o almeno apparentemente - esplorando una formula di campiture cromatiche che si sottraggono al vincolo del contorno a favore dell’astrazione. Si tratta senza dubbio di una sfida a chi pensa che la Fotografia sia una forma d’arte limitata a documentare ciò che chiamiamo realtà. Tutti sfruttiamo l’innegabile capacità di riprodurre ciò che appartiene al nostro vissuto. I documenti obiettivi della nostra quotidianità e delle nostre idee si identificano nel selfie, nella foto domestica, nel paesaggio, nella foto di strada: tutte immagini di tipo figurativo. Analizzando ciò che il figurativo comporta, l’immagine conseguente si forma perché le linee e i colori si ricompongono in forme, assumendo poi i caratteri e i contorni di ciò che abbiamo ripreso. Le foto di Raffaele Battista, ripercorrono a ritroso questo processo. La particolare tecnica del mosso scompone e separa i contorni dalle forme; e le forme a loro volta si stemperano in colori e tracce grafiche: un ritorno alle linee pure e al colore puro. La carica espressiva di questi codici visivi è primordiale, autentica, diretta. Non c’è nulla da interpretare in queste foto di Raffaele Battista; è un messaggio visivo che suscita godimento estetico puntando su ciò che di più semplice poi diventa arte.
Enrico Colamaria
Delegato
provinciale FIAF e collaboratore DID
BFI (Benemerito della Fotografia Italiana)
|
|
|
|
|
|